Perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura (Ebrei 13, 14)

Già in tempi lontani il popolo di Dio si dimostrò come un popolo in cammino, senza tregua e in movimento. Sono noti come Nomadi gli uomini che invocano Dio nel loro grembo. Un popolo la cui patria sono il deserto e la polvere, la cui speranza sono i pascoli verdeggianti e le rive dei fiumi. Così sono sempre in cammino, maturando nella loro storia, collegando la loro storia con le persone che sono in cammino con loro.

Abramo va via dalla sua casa natia; Giacobbe e i suoi figli cercano protezione in Egitto; Mosè si alza e parte con gli Israeliti per il deserto verso la terra benedetta. Partenza e movimento stanno sempre all’inizio di un nuovo anno. Noi esseri umani prendiamo il cambiamento del calendario come spunto per la ricostruzibabilonia-de-brueguel4one dei propri concetti – o anche non.

Già in tempi lontani gli uomini iniziarono a costruire le città. Le circondano con delle mura che permettono di entrare e di uscire. Mura che offrono protezione e mura che escludono. Entro le mura nascono delle torri alti e dei grandi palazzi. In queste costruzioni si manifesta il potere degli uomini. Si chiamano la città eterna, la città d’oro, la città bianca. Gloria e celebrità emergono da questi luoghi; da alcuni anche terrore e violenza.

Rimanere o alzarsi e partire; restare fermi dove si è oppure scuotere dai piedi la polvere ed avviarsi? Questa domanda segue e determina tutta la storia dell’umanità. E tanto dipende da essa: patria e occupazione, fuga e guerra, crescita, colonizzazione, commercio, estraneità ed inimicizia, prosperità e pace.

Il popolo di Dio, coloro che lo invocano nel loro grembo, sembrano avere un ruolo particolare in tutto questo. Loro nello spazio e nel tempo non hanno una città stabile, non ne hanno bisogno. Il loro cuore, il loro sostegno e la loro salvezza stanno nel futuro, in cammino con Dio ed in cammino verso Dio. Gesù Cristo ha aperto la porta a una tale fede tramite il suo sacrificio. Con il motto biblico del 2013 la chiamata alla speranza nel futuro si rivolge a ognuno di noi.immigrati

Per coloro cui le radici li tengono legati, per coloro la cui indipendenza spinge all’andare via ed andare avanti, per i residenti fissi con il loro dono di accogliere gli stranieri e dargli sostegno e tutela, per i nomadi con il loro dono di generare cambiamento e portare del nuovo. Per tutti coloro il Dio eterno tiene pronto una meta ed un senso: il grande regalo della libertà dei figli di Dio, i quali seguono la sua vocazione ed il suo comandamento, ovunque essi stanno, Dio va con loro.

Auguro ai grandi e ai piccoli nella nostra comunità la lieta esperienza di questa vicinanza di Dio sui loro cammini nel futuro e la sua ricca benedizione per l’anno nuovo.

Cordiali saluti dal Vostro Pastore Holger Milkau