Teologia

Un cristianesimo non religioso

Estratto dal diario di Dietrich Bonhoeffer

informazioni biografiche

Tegel, 30.04.1944

Ciò che mi preoccupa continuamente è la questione di che cosa sia veramente per noi, oggi, il cristianesimo, o anche chi sia Cristo.

È passato il tempo in cui questo lo si poteva dire agli uomini tramite le parole – siano esse parole teologiche oppure pie -; così come è passato il tempo della interiorità e della coscienza, cioè appunto il tempo della religione in generale. Stiamo andando incontro ad un tempo completamente non religioso; gli uomini, così come ormai sono, semplicemente non possono più essere religiosi.

Anche coloro che si definiscono sinceramente “religiosi”, non lo mettono in pratica in nessun modo; presumibilmente, con “religioso” essi intendono qualcosa di completamente diverso.

Il nostro annuncio e la nostra teologia cristiani nel loro complesso, con i loro 1900 anni, si basano però sull'”apriori religioso” degli uomini. Il “cristianesimo” è stato sempre una forma (forse la vera forma) della “religione”. Ma se un giorno diventa chiaro che questo “apriori” non esiste affatto, e che s’è trattato invece di una forma d’espressione umana, storicamente condizionata e caduca, se in somma gli uomini diventano davvero radicalmente non religiosi – e io credo che più o meno questo sia già il caso (da che cosa dipende ad esempio il fatto che questa guerra, a differenza di tutte le precedenti, non provoca una reazione “religiosa”?), che cosa significa allora tutto questo per il “cristianesimo”?

Vengono scalzate le fondamenta dell’intero nostro “cristianesimo” qual è stato finora e noi “religiosamente” potremo raggiungere soltanto qualche “cavaliere
solitario” o qualche persona intellettualmente disonesta. Dovrebbero essere questi i pochi eletti? Dovremmo gettarci zelanti, stizziti o sdegnati proprio su questo equivoco gruppo di persone per smerciare loro la nostra mercanzia?

Dovremmo noi aggredire qualche infelice colto in un momento di debolezza e per così dire, violentarlo religiosamente? Se non vogliamo niente di tutto questo, se alla fine anche la forma occidentale del cristianesimo dovessimo giudicarla solo uno stadio previo rispetto ad una totale non religiosità, che situazione ne deriverebbe allora per noi, per la Chiesa? Come può Cristo diventare il signore anche dei non religiosi?

Ci sono cristiani non religiosi? Se la religione è solo una veste del cristianesimo – questa veste ha assunto essa pure aspetti molto diversi in tempi diversi che cos’è allora un cristianesimo non religioso?

(da: Resistenza e resa, edizioni San Paolo)

Dietrich Bonhoeffer

3251_bonhoeffer-dietrichDietrich Bonhoeffer (4 febbraio 1906-9 aprile 1945) fu un pastore luterano, un professore universitario con un dottorato in teologia, un pioniere del movimento ecumenico, uno scrittore prolifico, un poeta e una figura centrale nella lotta contro il regime nazista.

Nato a Breslavia (allora Germania, oggi Polonia) nel 1906 con la sorella gemella Sabine, Dietrich fu il sesto di otto figli di Karl e Paula Bonhoeffer. Il padre era un importante professore di psichiatria e neurologia; la madre una delle poche donne laureate della sua generazione.

Laureatosi in teologia a Berlino nel 1927, Bonhoeffer iniziò l’attività di pastore in una chiesa tedesca a Barcellona nel 1928. Nel 1930 andò a studiare a New York presso I’Union Theological Seminary; nel 1931iniziò ad insegnare alla facoltà teologica di Berlino e fu ordinato pastore.

In quel periodo iniziò l’attività nel nascente movimento ecumenico,stabilendo contatti internazionali che in seguito avrebbero avuto grande importanza per il suo impegno nella resistenza.

Nel 1931 fu eletto segretario giovanile dell’Unione mondiale per la collaborazione tra le chiese e nel1933 entrò a far parte del Consiglio cristi ano universale “Life and Work” (da cui sarebbe nato in seguito il Consiglio ecumenico delle chiese).

Non potendo più restare a Berlino, nel 1933 torna a Londra per seguire due comunità evangeliche tedesche. Pacifista convinto, avanzò la proposta di un concilio ecumenico (aperto a tutte le confessioni cristiane) sulla pace. Nel maggio 1934 nacque la cosiddetta Chiesa confessante per opera di una minoranza interna alla Chiesa evangelica tedesca, che adottò la dichiarazione di Barmen in opposizione al nazismo.

Nell’aprile 1935 Bonhoeffer tornò in Germania per dirigere, prima a Zingst e poi a Finkenwalde, un seminario clandestino per la formazione dei pastori della Chiesa confessante, che stava subendo crescenti pressioni da parte della Gestapo, culminate nell’agosto 1937 nel decreto di Himmler che dichiarava illegale l’attività di formazione di candidati pastori per la Chiesa confessante.

In settembre il seminario di Finkenwalde fu chiuso dalla Gestapo, nei due anniseguenti Bonhoeffer continuò l’attività di insegnante in clandestinità. Nel gennaio 1938 la Gestapo lo bandì da Berlino e nel settembre 1940 gli vietò di parlare in pubblico. E così Bonhoeffer fu costretto ad abbandonare la sua Patria di nuovo.

Riparato negli Stati Uniti, come “docente ospite” nell’estate del 1939, vi restò però solo due settimane; la sua coerenza morale e l’amore per il suo popolo, gl’impedivano di stare a guardare, mentre il suo Paese precipitava nell’orrore e nell’imminente guerra, guidato da un criminale che bisognava cercare di bloccare ad ogni costo.

Nel l939 Bonhoeffer si avvicinò ad un gruppo di resistenza e cospirazione contro Hitler, costituito tra gli altri dall’avvocato Hans von Dohnanyi (suo cognato), dall’ammiraglio Wilhelm Canaris e dal generale Hans Oster.

Quattro mesi prima dell’arresto, nel gennaio 1943, Dietrich si era fidanzato con la diciottenne Maria von Wedemeyer, che non poté mai sposare, perché il resto della sua vita lo trascorse in carceri e campi di concentramento.

La sua attività per aiutare un gruppo di ebrei a fuggire dalla Germania portò alla sua carcerazione il 5 aprile 1943; iniziava così il suo calvario in varie prigioni del Reich. Nelle carceri di Tegel e Berlino, scrisse le celebri lettere e appunti, raccolte poi nel vol. “Resistenza e resa” (1951).

Dopo un fallito attentato contro Hitler il 20 luglio 1944, Bonhoeffer fu trasferito nella prigione di Berlino, poi nel campo di concentramento di Buchenwald e infine in quello di Flossenburg, dove fu impiccato insieme ad altri cospiratori.

L’identità teologica della Chiesa Luterana

Da noi si istruiscono anche i fedeli che qui il termine “fede” non significa soltanto credere che un certo fatto storico è accaduto – anche gli empi e il diavolo hanno tale fede! -, ma significa fede che non crede solo nel racconto storico, ma anche nell’effetto del fatto storico, e cioè in particolare crede questo articolo di fede, la remissione dei peccati, e cioè che, mediante Cristo, abbiamo la grazia, la giustizia e la remissione dei peccati. (CA XX)

Cari visitatori del sito,

alla soglia tra il medioevo e l’era moderna la Riforma proponeva un nuovo significato di fede e cioè fede innanzitutto come rapporto fiducioso e personale con Dio. Esso è costituito da parte di Dio dal suo perdono e dall’accoglimento incondizionato dell’uomo, la cosiddetta giustificazione per sola grazia, e da parte dell’uomo dalla fede in questo suo accoglimento. Intorno a questo rapporto diretto Lutero ed altri riformatori hanno sviluppato la loro concezione della religione, che in seguito diventò fondamentale per tutta l’era moderna. Al centro della riforma si trova il Vangelo della grazia divina che Lutero contrappose al concetto della auto-giustificazione per mezzo delle proprie opere. Con il richiamo alla Bibbia furono eliminati abusi e deviazioni, la devozione selvaggia a reliquie e santi nonché una visione troppo statica ed esteriore della fede e dell’etica. La Riforma anticipò criteri di parità oltre che tra laici e religiosi, anche tra uomo e donna; essenzializzò e semplificò, anticipò i concetti più moderni di individuo e libertà nella responsabilità e dette una risposta di fede, pensiero e cultura che contribuì ad un’evoluzione anche sociale.

Per promuovere la verità dell’Evangelo Lutero si rivoltò contro papa e concili, ma mai è stata da parte sua l’intenzione di provocare uno scisma o di fondare una nuova religione. Voleva semplicemente riportare Cristo al centro della fede e protestò contro alcuni abusi. Con la Chiesa Cattolica Romana (e quella Ortodossa) ci uniscono le cose fondamentali come la Bibbia, il credo apostolico e quello di Nicea-Costantinopoli e moltissime altre cose. Supponendo che voi conosciate le basi del Cristianesimo, in questa sede mi limito a descrivere alcuni punti fondamentali specificatamente luterani.
Comincerò con una piccola introduzione storica per poi indicare i mezzi mediante i quali lo Spirito opera la fede in noi e cioè la parola e i sacramenti. Segue poi il centro dell’Evangelo: la giustificazione sola grazia. Esaminerò le conseguenze della giustificazione: la libertà cristiana, il sacerdozio universale e infine la nostra comprensione di Chiesa. Concluderò con uno sguardo all’ecumenismo.

Una svolta epocale

Ma vediamo dal principio. All’inizio del cinquecento la concezione del mondo medievale era in crisi. Che cosa era successo? Grandi cambiamenti stavano accadendo. I commercianti e le città arricchite chiedevano maggiore autonomia. Gli stati rafforzarti mettevano in dubbio il monopolio dell’autorità ecclesiale. Il rinascimento aveva riscoperto l’uomo come individuo. Macchiavelli proclamava un individualismo spietato. Le scienze mettevano in dubbio il sapere d’allora. L’America era stata scoperta. Poco dopo Lutero, Copernico proclamava che il sole non girava attorno alla terra, ma la terra terra attorno al sole. L’invenzione della stampa cambiava l’aspetto del libro, né cambiava la sua percezione ed importanza ed apriva nuove possibilità di comunicazione. L’umanesimo criticava la chiesa con l’aiuto delle fonti, cioè con la Bibbia. Quindi tutto veniva capovolto. In questo contesto la chiesa, garante del vecchio ordine medievale, si trovava anch’essa in crisi e la sua decadenza includeva materialismo, pretesa esagerata di potere politico, corruzione, immoralità e mancanza di istruzione generale e religiosa di gran parte del clero e dei laici. In questo stato e sotto la visione cambiata dell’uomo e del mondo, essa non appariva più credibile per garantire la salvezza all’uomo.
Il 31.10.1517 Martin Luther affisse 95 tesi alla porta della chiesa di Wittenberg. Da li prese inizio la riforma che trasformò la vita religiosa in tutta l’Europa del nord e dette concetti basilari a varie chiese evangeliche. In quell’epoca l’Europa ribolliva e manifestava ovunque iniziative di riforme. Alla sensibilità religiosa di Lutero ed al suo genio spetta il merito di aver percepito il disagio della sua epoca e d’aver dato a tutti le chiavi per risolverlo. In un certo senso ha unito e guidato tutto il movimento della Riforma, anche se la radicalità religiosa ed il suo rigorismo l’hanno man mano isolato in un movimento che andava avanti ormai da solo. Dopo lo scisma con Roma seguiva quello con l’ala radicale della Riforma, con Zwingli sulla questione della presenza reale di Cristo nell’eucaristia e con l’umanesimo sulla questione della nostra totale incapacità di fronte a Dio. In tutti questi scontri Lutero si basava radicalmente sulla Bibbia che è il fondamento della teologia luterana e il mezzo mediante il quale lo Spirito Santo crea la fede in noi. Contrappose l’autorità della Bibbia contro quella dei papi e dei concili che riteneva potessero anche sbagliare. Probabilmente fu il mettere in questione l’autorità della chiesa, piuttosto che la sua teologia della giustificazione, a condurre allo scisma tra le chiese della Riforma e la Chiesa Cattolica Romana.

La Parola di Dio

Per Lutero la Bibbia non è semplicemente un elenco di informazioni o prescrizioni, ma è la Parola di Dio vivente. La Parola di Dio è creativa e potente. La sua Parola uccide e vivifica! Essa non è semplicemente identica con la Bibbia, ma la Bibbia la testimonia e “promuove”. Lutero dava particolare attenzione alla predicazione in cui si attualizza – se Dio vuole – la Parola di Dio.
Nell’incontro con la Parola vivente l’uomo viene posto davanti a Dio. Nella predicazione della legge riconosce quanto è lontano da lui. Nell’ascolto dell’Evangelo gli viene rivelato l’amore di Dio e si riconosce perdonato e accolto. Così lo Spirito, mediante la Parola, trasforma l’uomo in un processo di morte (alla vecchia vita centrata su se stesso) e risurrezione (a una nuova vita unita a Cristo nella fede).
Al centro della Bibbia sta l’Evangelo di Gesù Cristo, che è diventato uomo, è morto ed è risuscitato per riconciliarci con Dio. Nell’uomo Gesù che soffre per noi in croce, possiamo riconoscere l’amore di Dio. Il fatto che la Bibbia ha un centro, permette di distinguere passaggi chiari e oscuri, importanti e meno importanti. Si potrebbe dire che la Bibbia è parola di Dio in quanto promuove Gesù Cristo.
Essendo parola di Dio, la Bibbia spiega se stessa e non ci possono essere autorità umane al di sopra di essa. Per questo i riformatori hanno proclamato il principio “sola scrittura”, cioè soltanto la Bibbia ha autorità in questioni di fede, non papi o concili. Mediante la predicazione e la diffusione della Bibbia viene suscitata la fede e quindi allargato il regno di Dio.

I sacramenti

Oltre alla predicazione, la fede viene suscitata e nutrita dai sacramenti che però sono da vedere insieme alla parola. Non è l’acqua o il pane e vino che salvano, ma la Parola insieme a loro. Certamente Dio è presente ovunque, ma ciò non significa che lo possiamo riconoscere ovunque. Invece Dio ci ha dato la promessa di essere presente nei segni da lui indicate. Visto che i segni diventano sacramento non a causa della sua amministrazione da parte dell’uomo o della chiesa, ma a causa della promessa, i riformatori li chiamano anche “parola visibile”. Sono un altro modo di comunicare l’Evangelo. Come la parola predicata, anche i sacramenti suscitano e rinforzano la fede. Un sacramento è un segno, istituito da Gesù Cristo e legato ad una promessa di salvezza. A questi criteri corrispondono il Battesimo e la Santa Cena (Eucaristia).

Il Battesimo

Il battesimo è il sacramento iniziatore. È il dono dello Spirito, il perdono dei peccati e l’accoglimento nella Chiesa. È unico e valido per tutta la vita, per cui non si ribattezza chi già è stato battezzato prima, sia pure in un’altra chiesa. Generalmente battezziamo i bambini, perché il Battesimo è dono di Dio e non può dipendere da un nostro sviluppo intellettuale o spirituale. Inoltre non deve essere visto come un atto isolato, ma ogni giorno della nostra vita dobbiamo ritornare al battesimo e rinascere ad una nuova vita unita a Cristo.

La Santa Cena

La Santa Cena è il sacramento che ci nutre e che ci rinforza nella fede durante il nostro cammino di credenti. In essa il credente è in comunione con Cristo che “in, con e sotto” il pane e il vino è realmente presente. Lutero rifiuta però la teoria della transustanziazione, perché teme che venga applicato uno schema interpretativo non preso dalla Bibbia (in questo caso la filosofia di Aristotele con la sua distinzione tra sostanza e qualità). Lutero vede il pericolo rappresentato dal fatto che la filosofia di Aristotele viene usata come schema e misura alla quale la comprensione della Sacra Scrittura deve adeguarsi. Lutero stesso non dà una spiegazione esauriente su come sia da concepire la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo. Egli si basa sul testo biblico in cui Gesù dice: “Questo è il mio corpo.” A queste parole si deve credere senza cercare di rendere accessibile questo mistero alla ragione umana. Più tardi si è chiamato il concetto luterano consustanziazione. Il pane resta pane e il vino resta vino, ma assieme a loro ci sono anche, realmente presenti, il corpo e il sangue di Cristo.
Oltre alla transustanziazione Lutero nega la visione dell’Eucaristia come sacrificio e la sua celebrazione da soli – soprattutto se fatta per la salvezza dei defunti. La Riforma è ritornata alla distribuzione sotto le due specie, cioè pane e vino. Contro altri riformatori (p.es. Zwingli) Lutero difende la presenza reale di Cristo.


Visto che la validità del sacramento dipende da Dio e non dall’uomo, la chiesa può incaricare anche laici per l’amministrazione del sacramento. Visto che Cristo e non l’uomo invita alla Santa Cena, nelle chiese protestanti possono partecipare tutti i cristiani, indipendentemente dalla loro confessione.
Nel sacramento incontriamo un mistero che non possiamo razionalizzare completamente e di cui non possiamo disporre, che non si rivolge solo alla ragione, ma a tutto l’uomo (come d’altronde anche la Parola). Nella sua corporalità i sacramenti ci ricordano che Dio è diventato uomo e che noi stessi siamo spirito e corpo.

La giustificazione per sola grazia mediante la fede
Dopo aver visto che la fede è un dono di Dio che Egli ci dà, irrompendo nella nostra vita mediante l’annunzio dell’Evangelo, esaminiamo ora il contenuto della fede e cioè in particolare la giustificazione del peccatore. Con la giustificazione per sola grazia mediante la fede trattiamo adesso l’articulus stantis et cadentis ecclesia, l’articolo cioè su cui è costruita tutta la teologia luterana.
La citazione, che ho posto all’inizio, ci ha mostrato che avere fede non significa semplicemente credere che Dio esista – questo lo credono anche i diavoli – ma significa innanzitutto credere che Dio mi ama e che mi ha perdonato e accolto in modo incondizionato così come sono.
Questa è la risposta sulla domanda chiave: “Come posso essere salvato?”, oppure nel linguaggio del cinquecento che immaginava Dio come un giudice pronto a giudicarci secondo le nostre opere: “Come posso essere giusto davanti a Dio?”, oppure nella famosa formulazione di Lutero: “Come posso avere un Dio misericordioso?”

Questa domanda fondamentale era quella che tormentava Lutero e la gente della sua epoca, ma penso che anche oggi, sia pure con altri concetti e parole, questa sia la domanda centrale. La gente comune al tempo di Lutero aveva una risposta a questa domanda: mantenere i comandamenti di Dio e le prescrizioni della chiesa, ricevere regolarmente i sacramenti e fare buone opere: così può salvarsi. Anche Lutero inizialmente seguì questa strada e scelse subito quella più sicura, diventando monaco. Diventare monaco era un modo per guadagnarsi la salvezza. Il monachesimo fu visto come una via superiore e più santa per raggiungere il paradiso. Infatti Lutero fu tormentato dalla paura della propria salvezza. Praticava le mortificazioni con grande zelo. Pregava più degli altri, digiunava di più, vegliava di più, passava lunghe ore nel confessionale, al punto tale che i suoi superiori si preoccupavano seriamente per lui. Ma tutto ciò non bastava per rendere Lutero certo della propria salvezza. Gli rimaneva sempre la sensazione di non essere perfetto, di non corrispondere al 100 per 100 alla volontà di Dio. Aveva questo dubbio nonostante la sua vita impeccabile. Si sentiva sempre un peccatore.

Ma vi è una differente interpretazione del peccato e del peccatore. La chiesa cattolica romana considera la legge in modo letterale, per cui peccare significa fare idolatria, rubare, mentire, uccidere, ecc. Una persona battezzata che si astiene da questi atti non può essere considerata un peccatore.
I luterani invece considerano la legge sotto il profilo spirituale. Prendiamo p.es. la legge “non rubare”. Secondo l’interpretazione di Lutero già un commerciante, che sfrutta un suo monopolio per vendere la sua merce ad un prezzo troppo alto e che quindi si arricchisce a spese degli altri, è in fondo un ladro e pecca sicuramente contro la legge divina. La legge più importante è la prima: “Io sono il Signore, il tuo Dio, non aver altri dei accanto a me”. Il nostro peccato radicale è proprio questo, che: noi, esseri umani, non lasciamo che Dio sia Dio, ma vogliamo essere dei noi stessi; che noi non amiamo Dio con tutto il cuore, ma che amiamo noi stessi più di lui; che non mettiamo Dio al centro della nostra attenzione, ma bensì noi stessi; che non realizziamo la volontà di Dio, ma vogliamo realizzare la nostra volontà. Quindi per Lutero già il fatto di non amare Dio sufficientemente è un peccato e quindi siamo peccatori anche se siamo battezzati ed anche se non commettiamo nessun crimine nel senso umano. Il vero crimine è il nostro egocentrismo. Infatti i riformatori definivano l’uomo peccatore come “uomo inclinato su se stesso”.
Per comprendere la teologia luterana della giustificazione dobbiamo tener conto di questa differente definizione del peccato. È una definizione che mette al centro dell’attenzione la relazione con Dio. Peccato è tutto ciò che viene fatto al di fuori dall’unione con Dio, anche se esteriormente può sembrare buono.
È chiaro che Lutero con tutti i suoi sforzi doveva disperare, perché alla fine solo Dio è buono. Infatti Lutero tremava di fronte alla giustizia di Dio, che, onnisciente e perfettamente giusto, doveva inevitabilmente consegnare il peccatore alla perdizione.

Nella Bibbia trovava poi la risposta alle sue domande riflettendo su Romani 1,17.18. Lutero descriveva la sua scoperta riformatoria come segue:

Mentre meditavo giorno e notte ed esaminavo il concatenamento delle parole seguenti: La giustizia di Dio è rivelata in esso (cioè nell’evangelo) da fede a fede come è scritto: il giusto vivrà per fede, cominciai a capire che la giustizia di Dio è quella per la quale il giusto vive per il dono di Dio, cioè per la fede, e che la giustizia di Dio significa qui la giustizia che Dio dona, per mezzo della quale il giusto “vive”, se ha fede. Il senso della frase è dunque questo: l’evangelo ci rivela sì la giustizia di Dio, ma la giustizia passiva, per mezzo della quale Dio, nella sua misericordia, ci giustifica mediante la fede, come è scritto: il giusto vivrà per fede. A questo punto mi sentii rinascere, e mi parve che si spalancassero per me molte porte del paradiso.

Cominciai a percorrere le Scritture, e notai altri termini che si dovevano spiegare in modo analogo: l’opera di Dio, cioè l’opera che egli compie in noi; la potenza di Dio, mediante la quale egli ci dà forza; la salvezza, la gloria di Dio. Come avevo odiato prima l’espressione giustizia di Dio, altrettanto amavo ed esaltavo ora quella parola dolcissima. Così quel passo di Paolo divenne per me la porta del paradiso. In seguito lessi lo scritto di Agostino “De Spiritu et littera” e mi accorsi che interpreta la giustizia di Dio in modo del tutto analogo, cioè intende la giustizia di cui Dio ci riveste, giustificandoci. Ebbi così la gioia di constatare che la giustizia di Dio, per Agostino, è quella grazia a cui siamo giustificati. (WA LIV,185s)

Quindi la giustizia di Dio non è quella con la quale egli ci giudica, ma quella con la quale ci rende giusti. Dio è diventato uomo in Gesù Cristo ed è stato crocifisso per i nostri peccati. In Cristo Dio riconcilia il mondo con se stesso. Così Gesù Cristo diventa la nostra giustizia e la nostra salvezza. Con ciò abbiamo già afferrato uno dei principi fondamentali del luteranesimo: Solus Cristus.


La giustizia del credente non sono i suoi meriti, ma l’oggetto della fede, cioè Cristo. Questo significa che la nostra giustizia non è qualcosa che ci appartiene, ma che sta fuori di noi. Allora è chiaro che questa giustizia non può né aumentare né diminuire, perché Cristo è sempre perfetto. La nostra giustizia è completamente indipendente da ciò che facciamo o non facciamo, perché sta fuori di noi. Non c’è bisogno e non è possibile aggiungere da parte dell’uomo qualcosa alla giustizia. Ciò non significa che non potremmo procedere nella santificazione della nostra vita, anzi è un compito che ci occupa tutta la vita, solo che non lo facciamo per diventare giusti, ma perché Dio ci ha fatto giusti.

Visto che la giustizia sta fuori di noi, è una giustizia creduta. Crediamo che Dio ci dichiari giusti per mezzo di Gesù Cristo. Questa dichiarazione non significa che siamo anche giusti, ma solo che siamo dichiarati giusti. Siamo giusti davanti a Dio, ma come uomini di questo mondo siamo ancora peccatori. Quindi non può mai accadere che l’uomo cada in una falsa sicurezza, perché come uomo di questo mondo si vede peccatore e deve temere la condanna. Ma nella fede in Cristo siamo certi della nostra salvezza per mezzo dell’Evangelo. Rimaniamo ancora peccatori, ma il peccato non ci può fare disperare, perché lo sappiamo già vinto. La famosa formula dice simul iustus et peccator, giustificato e peccatore nello stesso tempo. Questa contemporaneità però non indica due cose dello stesso valore. Il peccato è già vinto e un giorno sarà abolito completamente.

La giustizia in Cristo non la si può provare o misurare, perché non ci appartiene. Può essere solo creduta. La fede ci unisce a Cristo e ci rende partecipi della sua opera di salvezza. Quindi possiamo dire che la fede ci salva. Questo è un altro dei principi fondamentali: sola fide, soltanto mediante la fede. Che la fede salvi non è niente di particolare. Il punto controverso è il “soltanto”. Ciò significa che non siamo salvati soltanto a seguito di una vita di fede, ma che la fede è l’unico elemento che determina la salvezza. Le opere non c’entrano proprio niente.

A questo proposito si sente spesso un rimprovero da parte della Chiesa Cattolica Romana: “Se le opere non c’entrano con la salvezza, i luterani possono comportarsi male senza conseguenze.” Questo fraintendimento non tiene conto del fatto che Lutero ha definito la fede in modo nuovo. Mentre a suo tempo il concetto di fede si limitava soprattutto a ritenere vere certe verità, Lutero descriveva la fede innanzitutto come fiducia. La fede indica una relazione personale con Dio che è molto intenso fino a poter parlare di un’unione. È chiaro che chi vive in una relazione così stretta con Dio cerca di corrispondere in ogni cosa alla sua volontà – o meglio: è Dio che agisce mediante noi. Non è pensabile che uno abbia la fede e viva in modo egocentrico.
Le buone opere sono quindi la conseguenza naturale della fede e non un merito dell’uomo. Anche la fede stessa non è un merito, ma un dono di Dio. In tutta la faccenda della giustificazione l’uomo è un ricevente passivo. La giustificazione viene operata interamente da Dio. Come motivo per l’agire di Dio la Bibbia ci indica l’amore e la misericordia di Dio. Noi peccatori non abbiamo nessun diritto alla salvezza. Dio opera la giustificazione sola gratia, per sola grazia.
Questo messaggio è importante soprattutto oggi in una società che valuta le persone soltanto secondo la loro prestazione ed in cui le persone valutano anche se stesse secondo la propria prestazione. La giustificazione sola grazia corregge il nostro modo di valorizzare o di devalorizzare noi stessi e gli altri. Ci insegna che una persona ha il suo valore indipendentemente dalla sua prestazione, quindi non importa se è giovane o anziano, sano o handicappato. Ci insegna a vedere noi stessi come figli di Dio amati e a comportarci in modo diverso con il prossimo, rendendo più vivibile un mondo senza pietà con il concetto della grazia.

Lutero scrisse:

Cristo è la grazia di Dio, la sua misericordia, giustizia, verità,saggezza, forza, consolazione e beatitudine, datoci da Dio senza alcun merito. Dico Cristo: non (come dicono molti con parole cieche) causaliter, cioè che Egli dia giustizia e resta fuori,perché una tale giustizia è morta, anzi non è mai esistita, ma lagiustizia c’è solo quando c’è anche Cristo –così come non c’èlo splendore del sole o il calore del fuoco, dove non sono sole efuoco. (WA I, 219)

E generalmente, caro Brenz, affinché io capisca la cosa meglio,me la immagino così che nessuna qualità, che si chiama fede ocarità, si trovi nel mio cuore. Però lì metto Gesù Cristo e dico:questa è la mia giustizia. Egli è la mia qualità e la mia giustizia(come si dice) formale, in modo che sono libero ed emancipatosia dall’ambito della legge e delle opere che dall’ambito diquello Cristo oggettivo, che viene concepito o come maestro ocome donatore. Ma voglio che Egli stesso mi sia dono odottrina, affinché io possa avere ogni cosa in Lui. Così comedice: “Io sono la via, la verità e la vita.” Non dice: “Io ti do lavia, la verità e la vita.”, come se operasse tale cose in me standofuori. In me deve essere, rimanere, vivere, parlare: non per me,ma in me (2. Cor. 6), affinché potessimo essere la giustizia diDio in Lui, non per una scelta o per doni successivi. (WAB VI,100s)

Ecco perché metto la fede così in alto e tiro dentro tutte le opere, mentre ripudio tutte le opere che non vengono dalla fede… Qui ognuno stesso può cogliere e sentire, quando fa qualcosa di buono o meno. Quando trova il suo cuore nella certezza, che l’opera piace a Dio, è buona, anche se fosse così insignificante come alzare una canna. Se non c’è la certezza o se ne dubita, l’opera non è buona, anche se dovesse risvegliare i morti o se l’uomo si facesse bruciare come martire. (WA VI 205)

La centralità di Cristo e della sua croce

Come possiamo conoscere l’amore di Dio? Con la ragione e la speculazione non possiamo conoscere Dio. Dio, o meglio la volontà di Dio, viene conosciuta attraverso la contemplazione di Gesù Cristo, più esattamente della sua umanità. Lutero rifiuta ogni speculazione filosofica, perché significherebbe descrivere Dio secondo le proprie idee e i propri desideri. Con ciò ci mettiamo al di sopra di Dio e l’immaginiamo come vogliamo. Questo per Lutero è la forma più grave del peccato. Invece possiamo conoscere Dio là dove Egli si è rivelato, cioè in Gesù Cristo. Solo lui o meglio la sua umanità può essere oggetto della nostra ricerca su Dio. Soltanto mediante Gesù Cristo possiamo comprendere il Padre.
Chi cerca un’altra via per conoscere Dio precipita nell’abisso. Quest’avvertenza per noi non è facile da capire. Lutero non intendeva un abisso che si trova tra noi e Dio, ma per lui Dio stesso era l’abisso: un Dio incomprensibile, terrificante, un giudice severo, il Dio onnipotente di un mondo pieno di peccato e sofferenza. Conoscere un tale Dio significherebbe conoscere la sua ira e dover disperare e perire inorriditi. In Cristo invece Dio ci rivela il suo amore, la sua giustizia e bontà.
Quest’amore lo possiamo riconoscere in tutta la vita di Gesù, ma in particolare nel volto umano di Gesù sofferente sulla croce. Dico nel volto umano, però in esso traspare Dio che con Gesù soffre e muore sulla croce. Mai l’amore, la misericordia e vicinanza di Dio sono stati così evidenti come in quel momento. Dio muore per noi, ma è il vivente. La morte non ha potere sulla vita. Chi unisce la sua vita nella fede a Gesù Cristo non deve più temere la morte. Così la croce diviene fonte di salvezza. Essa è quel luogo al centro della storia del mondo, dove tutti gli uomini si rivelano come nemici di Dio, ma anche il luogo dove ci riconosciamo amati e preziosi agli occhi di Dio e dove Dio ci dà nuova vita.

La libertà cristiana
Dalla giustificazione per sola grazia l’uomo riceve una grande libertà. Lutero cominciò il suo famoso libro sulla libertà del Cristiano con queste due frasi antitetiche: “Il cristiano è un libero padrone di ogni cosa e sottomesso a nessuno. Il cristiano è un servitore in ogni cosa e sottomesso ad ognuno”.
Se l’uomo è già salvato indipendentemente dalle sue opere, allora l’uomo può fare quello che vuole. Chi sta sotto la grazia, non sta più sotto la legge. È libero. Però questa libertà scaturisce dal legame della fede con Dio che è amore. L’amore è il contenuto della fede e quindi anche il contenuto della libertà. Quindi non è una libertà arbitraria, ma legata dall’amore che ci rende servitori di tutti. Il cristiano è libero grazie alla giustificazione per sola grazia, ma l’amore lo mette al servizio di tutti. La libertà dell’amore è l’unica libertà senza leggi che agisce in modo costruttivo e non distruttivo nel mondo. Visto che l’amore ci responsabilizza verso il nostro prossimo, questo concetto di libertà viene chiamata anche “libertà nella responsabilità”.
Grazie a questa libertà nella responsabilità il protestantesimo ha la capacità di affrontare le grandi questioni etiche dei nostri tempi senza pregiudizi dogmatici ed è flessibile a rinnovare la sua vita in dialogo con i cambiamenti della cultura moderna in cui vive.

Il sacerdozio universale

Se Cristo è l’unico salvatore e mediatore tra uomo e Dio e se la fede come rapporto diretto con Cristo ci salva, non ci possono essere altri mediatori tra Dio e uomo: né la chiesa, né i santi, né la Madonna, né i sacerdoti. Cristo è l’unico sacerdote, o detto in altre parole: siamo tutti sacerdoti. Davanti a Dio non ci può essere una differenza tra persona e persona, siamo tutti uguali.
Per questo nella chiesa luterana non c’è una differenza qualitativa tra pastore (giustamente non usiamo il termine “sacerdote”) e laico, ma solo una differenza di compito. Siamo tutti chiamati a testimoniare e a predicare l’Evangelo nella famiglia, sul posto di lavoro e tra gli amici. Facciamo però una differenza per quanto riguarda la predicazione pubblica come avviene p.es. nel culto domenicale. Qui è la chiesa nel suo insieme che presenta il messaggio dell’Evangelo in pubblico, per cui è giusto che la chiesa convochi chi predica. Però le persone chiamate non devono necessariamente essere pastori ordinati, ma possono essere anche laici. Nella nostra chiesa offriamo corsi che preparano uomini e donne alla predicazione pubblica e all’amministrazione dei sacramenti.

L’ecclesiologia

Nella Confessione Augustana del 1530 Art. 7 la chiesa viene definita come segue: “La chiesa è l’assemblea dei credenti in cui l’Evangelo viene predicato puramente e in cui vengono amministrati i sacramenti secondo il Vangelo.” Questa definizione ha senso in quanto, dato che l’Evangelo e i sacramenti operano la fede, si può supporre che là dove sono l’Evangelo ed i sacramenti, ci siano anche dei fedeli. Tutti gli altri caratteristici di una istituzione ecclesiale come forma d’organizzazione, usanze e costumi non sono essenziali per la chiesa perché non stanno in riferimento con la fede e quindi con la salvezza.
Là dove nella Confessione Augustana viene definita la chiesa, non viene menzionato il ministero pastorale. Ciò succede evidentemente per contestare la visione cattolica in cui nell’ordinazione viene attribuita ai sacerdoti una qualità che li differenzia dai laici e che viene ritenuta necessaria per l’amministrazione dei sacramenti. Certo, anche la chiesa luterana conosce il ministero ordinato e nell’articolo 5 della CA leggiamo addirittura che è istituito da Dio. Però non è istituito come l’Evangelo e i sacramenti come mezzo di salvezza, ma con questi si pone anche il compito di annunciare l’Evangelo e di amministrare i sacramenti. Questo generalmente è il compito del ministero ordinato. Possiamo dire che il ministero è lì, dove si pone il compito di annunciare l’Evangelo e di amministrare i sacramenti – e non: il sacramento è li, dove è il ministero.
Visto che davanti a Dio siamo tutti uguali, pastori e laici, è chiaro che c’è anche un’uguaglianza tra uomo e donna. Siamo soliti ordinare le persone adatte senza discriminazione di sesso e in Germania abbiamo anche tre vescove.

Nella visione luterana, la chiesa è l’assemblea dei credenti. Quindi non esiste una chiesa indipendentemente dai credenti, alla quale questi potrebbero partecipare. Siamo noi la chiesa – o meglio una parte di essa. Visto che la chiesa ha le sue radici nella fede delle singole persone, le chiese luterane vedono la piena realizzazione della Chiesa nella comunità locale. È una visione che costruisce la chiesa dal basso e non viceversa. Ciò si rispecchia anche nell’organizzazione della nostra chiesa che comunque può variare da paese a paese.

L’autorità suprema è il Sinodo composto da rappresentanti delle singole Comunità con una chiara maggioranza di laici rispetto ai pastori ordinati. Il Sinodo decide sulle domande più importanti ed elegge il Concistoro che guida la chiesa durante l’anno. Il Sinodo elegge anche il Decano e il Vicedecano che fanno parte del Concistoro e che rappresentano la chiesa nel suo insieme. Tutti gli incarichi sono limitati nel tempo per prevenire abusi di potere e per dare più dinamicità alla vita ecclesiale.

Le singole chiese nazionali o regionali sono uniti nella Federazione Mondiale Luterana che comprende ca. 65 milioni di credenti. Importante è che non si tratta di una chiesa, ma di una federazione. Le singole chiese confederate mantengono una loro autonomia. Per certi versi la nostra organizzazione è simile a quella delle chiese ortodosse.

Possiamo descrivere la chiesa con gli attributi nominati nel credo apostolico: una, santa, universale.
Chiaro è che la chiesa può essere solo una, così come Cristo è solo uno, anche se nel mondo ci sono varie organizzazioni ecclesiali indipendenti. L’unità viene stabilita interiormente grazie alla fede ed esteriormente attraverso i due segni nominati: la predicazione dell’Evangelo e i sacramenti.

La Chiesa è santa

Questo è chiaro, perché Cristo è santo e la Chiesa è corpo di Cristo. Per l’approccio protestante le istituzioni ecclesiali sono sante solo in riferimento a Cristo. Se un’istituzione ecclesiale abbandona la volontà divina, non è più santa. Però possiamo confidare che, ovunque viene annunciato l’evangelo, lo Spirito Santo suscita anche dei santi, cioè credenti che sono santi, non perché sono migliori degli altri, ma perché in ogni situazione della vita e anche nella morte confidano in Dio che è santo.
La chiesa è universale: la chiesa comprende tutti coloro che mediante la fede sono inseriti nel corpo di Cristo in qualsiasi luogo del mondo si trovino e a qualsiasi istituzione ecclesiale appartengano. In Cristo stiamo in comunione. Siamo una cosa sola. Noi come singoli credenti rappresentiamo, in tutto ciò che diciamo e facciamo, la chiesa universale. Viceversa se ilmaligno ci attacca, attacca attraverso noi la chiesa nella sua totalità. Questo ci dà una grande responsabilità, ma anche un grande sostegno.
La chiesa è apostolica: la chiesa luterana sta in successione con la chiesa primitiva in quanto ha conservato l’insegnamento apostolico e i due sacramenti istituiti da Gesù Cristo.
Il credo apostolico conclude: “Credo nella remissione dei peccati, nella resurrezione della carne e nella vita eterna. Amen!” Questi sono i frutti di cui partecipano tutti coloro che appartengono alla santa chiesa universale, la quale si realizza nelle istituzioni ecclesiali in cui viene predicato puramente l’Evangelo e vengono amministrati i sacramenti secondo le scritture.

L’ecumenismo

L’ecclesiologia della chiesa luterana implica che essa rappresenti la vera chiesa una, santa, apostolica e universale, però non da sola e non in modo esclusivo. Perciò per essa è naturale cercare l’unità con le altre confessioni. Con unità non si intende un’unica istituzione ecclesiale con usi e costumi uniformi. Dal nostro punto di vista è sufficiente per l’unità delle chiese che i due elementi fondatori della chiesa siano in armonia, cioè l’Evangelo e i sacramenti. Tutto il resto può anche differenziarsi. Chiamiamo questo modello di unità “diversità riconciliata”.
Dopo ca. 450 anni di separazione, nel 1973 luterani e riformati hanno raggiunto quest’unità nella concordia di Leuenberg. Oggi 103 chiese nazionali e regionali hanno firmato la concordia. Con la concordia di Porvoo 1993 le chiese luterane della Scandinava hanno stabilito un riconoscimento reciproco con la chiesa anglicana. Nel 1999 la Federazione Mondiale Luterana e la Chiesa Cattolica Romana hanno firmato la “Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione”, superando così le condanne reciproche in una questione che al tempo della Riforma stava al centro dell’attenzione. Però restano altre questioni che ci dividono, soprattutto le domande cosa sia la chiesa e il ministero ordinato. Con la chiesa ortodossa ci sono tante iniziative di dialogo incoraggianti.
L’ecumenismo è una cosa naturale per la chiesa luterana anche perché persegue gli stessi metodi e cioè: distinguere nella teologia le cose importanti, lasciando da parte cose superflue o devianti. Mettere al centro Gesù Cristo e ritornare alla Bibbia per rinnovare la teologia a partire da essa. Dare al culto una forma centrata sulle cose essenziali e condivisibili da tutti.

La comune comprensione della giustificazione

“Insieme crediamo che la giustificazione è opera del Dio uno e trino. Il Padre ha mandato nel mondo il suo Figlio per la salvezza dei peccatori. L’incarnazione, morte e risurrezione di Cristo sono fondamento e presupposto della giustificazione. Perciò, la giustificazione significa che Cristo stesso è la nostragiustizia, alla quale partecipiamo, secondo la volontà del Padre, attraverso lo Spirito santo. Insieme confessiamo: solo per grazia nella fede nell’azione salvifica di Cristo, e non in base ai nostri meriti, noi veniamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito santo, il quale rinnova i nostri cuori e ci abilita e chiama a compiere le opere buone” (Dichiarazione Congiunta 15)

Testo elaborato ed edito dal pastore luterano Dieter Kampen C/o Comunità Evangelica Luterana Via S. Lazzaro, 19 34122 Trieste


Luterani o Cristiani?

“In primo luogo vi prego di tacere il mio nome e di non chiamarvi luterani, ma cristiani. Che cos’è Lutero? Non è mio, l’insegnamento. Né sono stato crocifisso per nessuno. 5. Paolo, I Cor 3, non sopportava che i cristiani si dicessero paolini o petrini,invece di cristiani. Come potrebbe venire in mete a me, povero, puzzolente sacco di larve, che i figli di Cristo si debbano chiamare secondo il mio nome che non contiene salvezza alcuna? Non cosi, dunque, cari amici; cancelliamo i nomi dei partiti e chiamiamoci Cristiani dal nome di Cristo, di cui abbiamo l’insegnamento.” WA 8, 685, 8-Il

Più tardi, quando c’erano già i primi martiri “luterani”, Lutero scrisse: “Ma poiché anche il mio nome è in gioco e voi venite perseguitati come luterani, penso che non sia stato sconveniente avermi preso come sono. E benché non mi sia gradito che l’insegnamento e la gente siano detti luterani, e devo soffrire che essi dunque facciano vergogna alla Parola di Dio usando il mio nome, essi devono però far rimanere e salire in onore Lutero, l’insegnamento e la gente luterani, oppure essi e il loro insegnamento naufragheranno e andranno in rovina, anche se il mondo ne avesse abbastanza e tutti i diavoli s’adirassero.” WA 15, 78, 5-13; trad. Anna Belli

Riferimenti
La Confessione Augustana del 1530, a cura di Giorgio Tourn, 
versione dal latino di Maria Rosa Serafini, 
Testi della Riforma 9, Claudiana Editrice, Torino 1980, pag. 134