Cosi dice Dio:
“Vi darò un cuore nuovo
e metterò dentro di voi uno spirito nuovo” (Ezechiele 36,26)

Magari, ma come’è possibile? Questo mi chiedo ben consapevole quanto è difficile cambiare le piccole abitudini o di lasciare dei modelli provati. E tanto meno osare una nuova partenza cambiando una cosa radicalmente.

Come Israele all’epoca, anche noi siamo spesso un popolo caparbio e capriccioso che preferisce seguire le vie costruite da sé invece di farsi guidare da Dio. Va detta una parola netta anche se nessuno la vorrà sentire.

Ezechiele ne sa qualcosa perché egli deve dare al suo popolo caparbio e capriccioso degli annunci chiari. Era uno dei primi che fu condotto in esilio dall’Israele a Babilonia dove la colonia giudaica ora visse senza re, senza terra e senza tempio. A quell’epoca fare il profeta non era un compito semplice. Per questo Dio stesso lo mette in guardia:

A questi figli dalla faccia dura e dal cuore ostinato io ti mando. Tu dirai loro: “Così parla il Signore, Dio”. Tu riferirai loro le mie parole, sia che ti ascoltino sia che non ti ascoltino, poiché sono ribelli. (Ezechiele 2, 4+7)

Con sempre nuovi immagini il profeta cerca di trasmettere il messaggio di Dio, un messaggio pieno di lamentele e sospiri verso il suo popolo. Ma Israele non vuole mica sentire questo messaggio. E proprio a questo punto Dio fa la sua offerta: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo”.

Solo così è possibile – sulle sue forze il popolo non ce la farà di essere veramente il Suo popolo. Dio stesso deve intervenire e apportare cambiamenti. Egli si paragona ad un pastore premuroso:

Le condurrò in ottime pasture e il loro ovile sarà sui monti alti d’Israele; (…) Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. (Ezechiele 34, 14+16)

Sono parole cariche di speranza che significano, però, allo stesso momento che il popolo non può salvarsi da solo ma che dipende dall’intervento e dall’azione di Dio. Ma in ultima conseguenza questo vuol dire che mi devo arrendere per sussistere davanti a Dio? Infatti, per le nostre orecchie, oggi, suona come una provocazione inaccettabile. In un tempo dell’autodeterminazione e dove l’indipendenza sembrano essere la misura di tutte le cose. Bensì soffriamo delle conseguenze distruttive della prepotenza e delle colpe umane. Ma facciamo fatica di parlare di peccato o colpa – particolarmente per quanto riguarda noi stessi. Tanto più grande è il desiderio di cambiamento e salvezza – nella nostra vita personale quanto nella nostra società e nel mondo intero che sembra uscito fuori dai cardini.

Con la promessa che rappresenta il motto biblico per il 2017 Dio stesso fa un nuovo inizio, un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Il cuore rappresenta sempre il centro dell’esistenza umana, dell’uomo nella sua interezza. Qui si tratta di un cambiamento dell’uomo intero, delle sue relazioni. Si tratta di un rapporto profondo tra Dio e l’uomo, tra Creatore e creatura il quale richiede l’uomo intero.

E’ una vita che si costituisce in Colui che ha di fronte e si orienta a Lui. Possiamo dire: una nuova creazione. Anche se l’uomo perde continuamente Dio dal suo cuore e dalla sua mente, Dio resta fedele e ci dona sempre quello che è indispensabile per un rapporto vivo: Un cuore nuovo e uno spirito nuovo. In quest’anno mi accompagnerà una domanda: sono disposta ad avventurarmi in
questo, di affidarmi pienamente al buon Pastore? Mi farò donare un cuore nuovo e il Suo Spirito vivente con la promessa e allo stesso tempo con il rischio che niente rimane come è adesso?
Auguro a tutti voi di farvi accompagnare da questa domanda nell’anno nuovo e dalla promessa contenuta in essa se vogliamo e possiamo accoglierla. Per un davvero nuovo protetto e benedetto anno perché viviamo nella promessa di Dio.